Quello che ci sfugge a proposito del pensiero

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Massimo G. Pittella
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE
    Quali sono i problemi del mondo? Sembrano così tanti che è difficile anche solo cominciare a elencarli. […] La vera crisi non è in questi eventi che ci troviamo ad affrontare, come le guerre, i crimini, le droghe, il caos economico e l’inquinamento; è in realtà nel pensiero che la produce […] Perché abbiamo accettato questo stato di cose così distruttivo e così pericoloso e che favorisce così tanto l’infelicità? Sembriamo in qualche modo ipnotizzati. Andiamo avanti con questa follia e nessuno sembra sapere cosa fare o dire. […] Io sostengo che dietro tutto questo ci sia qualcosa che non comprendiamo a proposito dì come funziona il pensiero. È simile a un virus – in qualche modo, si tratta di una malattia del pensiero, della conoscenza, dell’informazione, che si diffonde in tutto il mondo e produce distruzione. Più computer, radio, televisione abbiamo, più si diffonde velocemente. [...] Dobbiamo fare qualcosa per questo processo di pensiero – non possiamo solo lasciarlo andare avanti nel distruggerci. […] Io dico che non si tratta di una questione ovvia – è molto sottile e si snoda molto in profondità. […] Da qualche parte, alla sorgente del pensiero, esso viene inquinato – questa è l’idea. L’unico modo per fermarlo è riconoscerlo, ammetterlo, vedere cos’è. — (Bohm, 1996)

    Bohm afferma che la nostra cultura (o il paradigma dominante, per citare Kuhn) ci fornisce un’idea sbagliata a proposito del pensiero, implicando continuamente che percezioni, pensieri ed emozioni siano atti di coscienza separati che procedono per vie distinte e indipendenti (il corpo, la mente razionale, ‘il cuore’ – o mente emozionale); che i pensieri siano produzioni individuali; che la facoltà del pensare sia uno strumento neutrale che ci serve semplicemente a capire "come stanno le cose" in un mondo esterno che non dipende da noi. Ma dobbiamo osservare con più attenzione. Dobbiamo vedere ciò che il pensiero è davvero, senza presupposizioni.

    Cosa accade davvero quando pensiamo? Bohm cerca di dirci che:

    1. Ciò che sentiamo e ciò che pensiamo sono un solo processo, non due. Ed entrambi provengono dalla memoria, da qualcosa che abbiamo appreso. Quando la memoria agisce non è possibile separare la funzione intellettuale, la funzione emotiva, la funzione chimica, la funzione muscolare: sono tutte aspetti di un unico processo.

    2. La maggior parte del pensiero nella sua forma generale non è individuale, ma collettivo. Ha origine dalla cultura che ci ha formati e che ci pervade. Lo acquisiamo fin da bambini dai genitori, dagli amici, dalla scuola, dai giornali, dai libri e così via. Produciamo in esso piccoli cambiamenti, selezionandone certe parti che ci piacciono e rifiutandone altre. Tuttavia, tutto proviene da quel bacino di conoscenza. Potremmo arrivare a dire che non siamo noi, ma la conoscenza stessa – che è pensiero – a conoscere ogni sorta di cose. Questo bacino del pensiero (o sistema di pensiero) si è sviluppato per molte migliaia di anni ed è pieno di ogni sorta di contenuti. Esso sa tutto di quei contenuti, ma non sa quello che fa. E' questo il problema.

    3. La rappresentazione del pensiero entra nella presentazione della percezione e si trasforma in pensiero tacito, implicito. Pensiamo ciò che percepiamo come se fosse un fatto del tutto indipendente dal pensiero, e ci pare la prova di ciò che pensiamo, mentre è il pensiero a provare se stesso creando “fatti” che non sono davvero fatti. Le conseguenze dell’errore sono decisive: se diciamo che un certo fatto è un fatto “puro”, che è proprio “lì” indipendentemente da noi, gli daremo un valore tremendo. Invece moltissime cose che prendiamo come solida realtà – una nazione, una religione, la FIAT, l’ego – sono rappresentazioni collettive della stessa qualità di un arcobaleno. Ma non è sbagliato in sé e per sé, la difficoltà sorge perché non ci rendiamo conto che avviene, e di conseguenza attribuiamo alla rappresentazione il valore di un fatto indipendente. Se invece potessimo vedere il peso delle nostre rappresentazioni in tutto ciò che percepiamo, allora saremmo in grado di valutare quelli che riteniamo essere dei "fatti" per ciò che realmente sono: in gran parte riproduzioni di memorie e registrazioni del passato, che in quanto tali non hanno quel grande valore che ci sembra.
    CITAZIONE
    Il pensiero è capace di fornire una rappresentazione di ciò che esperiamo. […] la percezione presenta qualcosa e il pensiero ce la ri-presenta come astrazione. […] Ma la cosa da notare – il punto chiave – è che questa rappresentazione non è presente solo nel pensiero o nell’immaginazione, ma si fonde con la percezione effettiva e l’esperienza. In altre parole, la rappresentazione si fonde con la “presentazione”, cosicché ciò che è “presentato” (come percezione) è già in gran parte una ri-presentazione. […] Avrete allora ciò che potremmo chiamare una “rete di presentazioni” (net presentation), ovvero il risultato dei sensi, del pensiero ed eventualmente di una qualche intuizione. Tutto ciò sì congiunge in una presentazione a rete. […] Il modo in cui esperiamo qualcosa, in questo senso, dipende da come lo rappresentiamo – da come sbagliamo nel rappresentarlo. […] Generalmente non notiamo il nesso tra rappresentazione e presentazione – la loro connessione a doppio senso. Al pensiero sembra mancare l’abilità di vedere che ciò sta avvenendo. Il processo è inconscio, implicito, tacito […] La specie umana, in linea dì massima, se n’è accorta raramente – se mai l’ha fatto. Forse pochissime persone lo hanno saputo, ma in generale andiamo avanti senza esserne consapevoli. Non stiamo dicendo che questo processo sia buono o cattivo. Sembra che il pensiero non possa farne a meno […] Ciò che è sbagliato non è il fatto che esso abbia luogo, quanto piuttosto che non ne siamo consapevoli. — (Bohm, 1996)

    Nella filogenesi umana, il “cervello nuovo”, che con il prosencefalo e la corteccia permette il pensiero astratto, si è sviluppato piuttosto rapidamente e non ha stabilito una relazione totalmente armonica con il "cervello antico". Le funzioni più vecchie del cervello, come le emozioni e gli istinti, governavano bene le risposte elementari di fronte ai pericoli e agli altri stimoli ambientali: fuggire, combattere, restare immobili. Poi venne l’attività di questa corteccia nuova, la quale poteva proiettare immagini molto realistiche di tutti i tipi. Ma il “cervello vecchio” non ha ancora imparato molto bene a riconoscere la differenza tra un’immagine proiettata e la realtà. E questo per Bohm è parte del problema. Forse, questa è una delle cause che ci hanno condotto dove siamo. La cosa interessante da notare, in ogni caso, è che il principale ambiente del cervello vecchio oggi non è più la natura o l'ambiente, ma lo stesso cervello nuovo, perché ora ogni percezione complessa gli giunge filtrata e costruita dal cervello nuovo attraverso le sue rappresentazioni. Diventarne consapevoli è solo il primo passo.
    CITAZIONE
    Capite che la questione della rappresentazione è cruciale nella comunicazione. Le nostre stesse relazioni dipendono da come presentiamo altre persone a noi stessi e da come presentiamo noi stessi ad altre persone. E tutto ciò dipende da rappresentazioni generali e collettive. Vediamo il mondo in accordo con la rappresentazione generale e collettiva che circola nella nostra società e della nostra cultura ma, nella misura in cui questa può essere messa da parte, allora possiamo cambiare, perché il mondo ci si presenterà in modo diverso. [...] Cambiare la rappresentazione apre la strada a ulteriori cambiamenti. Non diciamo che sarà facile o difficile – non lo sappiamo – ma apre la strada, apre una grande prospettiva. — (Bohm, 1996)

    Se imparassimo realmente a vedere come ciò che ci si presenta alla coscienza è il prodotto delle rappresentazioni del pensiero collettivo, non ne resteremmo più irretiti. Il dialogo, così come lo intende Bohm, è un valido strumento per esplorare il sistema di pensiero e cercare, tutti insieme, di fare scelte più consapevoli e coerenti.

    Edited by Massimo G. Pittella - 11/5/2015, 02:18
     
    Top
    .
  2. DanielaB
        +1   +1   -1
     
    .

    User deleted


    Vorrei dare un piccolo esempio di come ha potuto agire su di me, una sola affermazione, contraria ad un mio pensiero non del tutto meccanico, ma decisamente un assunto, così "assunto" che la dichiarazione del contrario non mi ha neanche irritato, mi ha lasciato del tutto incredula, persino al di là dell'irritazione:

    la mia asserzione/assunto: " la vita è difficile" e la risposta "non è vero la vita non è difficile".

    Il fatto che, per quanto se se sia già parlato e discusso nei dialoghi successivi io non abbia cancellato la sua presenza in profondità , come una goccia ghiacciata, che anche questa mattina nel traffico in coda in macchina, fra un motorino che sfrecciava tagliandomi la strada e un camioncino che mi stringeva da un lato, io abbia ricordato: "non è vero, la vita non è difficile..." e che io abbia cominciato ad esplorare questa possibilità, è forse il segnale che sono riuscita a dare un colpo basso alla "rete" del pensiero. Probabilmente non sarò mai d'accordo con chi mi ha contraddetto, ma almeno ho capito che può esistere un'opinione contraria altrettanto valida e rispettabile. Chi era ed è in disaccordo con me, nella mia mente ha mantenuto tutto il suo valore. E' questo che deve succedere?
     
    Top
    .
  3. Massimo G. Pittella
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Daniela, intanto ti sei aggiudicata il Premio Bohm per essere stata la prima a postare un commento... al decimo vinci anche una consumazione gratis al Circle :-) A parte gli scherzi, è interessante quello che scrivi.

    Per prima cosa però metterei in questione che ad agire su di te sia stata la frase che hai ascoltato. In simili frangenti io dico che ciò che realmente agisce sul mio stato di coscienza è il mio sistema di riflessi, in assenza dei quali nessuna frase pronunciata da altri potrebbe mai interferire con i miei sentimenti. E' perché il mio organismo sente che qualche suo assunto fondamentale è sotto attacco, che reagisce inondando il corpo con le molecole della sorpresa (non a caso uno dei tre classici riflessi di risposta di fronte al pericolo: combattimento-fuga-immobilizzazione). E' osservandola qui, proprio all'insorgere della reazione emotiva, che non ti saresti fatta infinocchiare da quella che hai chiamato la rete del pensiero (S1); osservando quello che ti stava facendo provare, osservandola in azione, osservando come agiva sul tuo stato mentale, osservando su quali assunti fondamentali stesse facendo leva: lei, la rete dei riflessi S1, più che la frase che avevi appena ascoltato.

    Anche quello che ti è successo giorni dopo mentre eri nel traffico, se si è trattato dell'associazione spontanea di un ricordo è stata opera di S1, un semplice riflesso associativo. In questo caso, visto che stavi guidando e che la tua auto non ha il pilota automatico, sarebbe stato sconsigliabile metterti a osservare il lavoro di S1 invece di guardare la strada... Però quando non si può farlo subito lo si può sempre fare in un secondo momento, nella tranquillità di casa propria. E' proprio un esercizio che già Bohm suggeriva di fare regolarmente. Si tratta di rivivere l'attimo in questione - non basta ricordarlo, bisogna proprio immaginare intensamente di essere lì in quel momento, ricreando con precisione nella mente le stesse condizioni, le stesse posture, gli stessi gesti, lo stesso stato mentale, usando soprattutto le parole che descrivono esattamente ogni dettaglio ("guarda questo pazzo che mi supera a destra... e quest'altro str... che mi taglia la strada... mi ha fatto inchiodare... potevano tamponarmi... c'è pure la strada bagnata! Oddio, vuoi vedere che ritardo..." e così via) finché ci si sente attraversare dalle stesse emozioni e sensazioni che si erano provate. E a quel punto si inizia a osservare da vicino quello che sta facendo S1: quali riflessi associativi fa scattare? quali giudizi avanza? quali moti di spirito? e soprattutto: in virtù di quali assunti fondamentali? Ad esempio - ipotizzo - potrei vedere che tutto parte dalla convinzione che sia necessario fare la vita che faccio, che sia necessario che io sia lì in macchina a quell'ora, che se faccio un incidente sarà necessariamente quanto meno una seccatura, perché è necessario che non arrivi in ritardo, e così via. Queste sono le cose da osservare.

    Dopo di che, indubbiamente il fatto che tu dica con tale sicurezza di avere "capito che può esistere un'opinione contraria altrettanto valida e rispettabile" della propria e che chi la sostiene ha tutto il tuo rispetto, sembra denotare un'atteggiamento già in qualche misura penetrato in S1. Se è così, se questa cosa l'hai vista davvero e non è soltanto qualcosa che hai compreso in forma astratta, allora è una riprogrammazione di S1 senz'altro frutto di un insight. Non so se deve succedere, ma è precisamente una delle condizioni che intendiamo sperimentare. Grazie per aver condiviso con noi la tua esperienza.

    Edited by Massimo G. Pittella - 15/5/2015, 19:46
     
    Top
    .
  4. IsabelleC
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Ho aspettato un po' prima di scrivere. Per sentire quello che mi suscitava questo discorso.
    Innanzitutto, nel sentire quello che Daniela chiama assunto (la vita è difficile), ho avvertito una sensazione di pesantezza, quasi palpabile. E la mia risposta impulsiva, il pensiero ultra veloce, si è posta in contrapposizione. Non proprio nel rispetto delle regole del dialogo di Bohm, lo confesso! E' stata una risposta di leggerezza, che veniva a controbilanciare la sensazione iniziale di pesantezza. Non lo sento come un assunto vero e proprio. Potrei dire che mi ritrovo molto in quello che scrisse Etty Hillesum: la vita è difficile, ma non è grave.
    Un altro assunto?
    Si procede...
     
    Top
    .
  5. Massimo G. Pittella
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (IsabelleC @ 15/5/2015, 22:26) 
    ... la mia risposta impulsiva, il pensiero ultra veloce, si è posta in contrapposizione... E' stata una risposta di leggerezza, che veniva a controbilanciare la sensazione iniziale di pesantezza.

    E però anche qui, Isabelle, è importante guardare bene. Hai visto che la tua risposta veniva da S1 che si è posto in contrapposizione, ma sostieni che abbia voluto soltanto controbilanciare la sensazione di pesantezza che invece veniva... veniva da chi? Guardate, è proprio attraverso questo genere di sensazioni che si esprime S1, assai più e prima che attraverso pensieri astratti e parole.

    Gli assunti fondamentali da indagare sono allora quelli che stanno a monte della sensazione di pesantezza che hai avuto e che proprio loro hanno generato. Sfruttando l'indizio della frase di Hillesum che citi, provo a ipotizzarne alcuni (ma correggimi tu): il senso della vita non sta nel trovare il modo di sbarcare il lunario... se prendiamo troppo sul serio le difficoltà del quotidiano finiamo per perdere il gusto di interpretare quel magico romanzo che invece è la vita... in fondo - per dirla con Jep Gambardella - è solo un trucco.

    Sicuramente, in ogni caso c'era però anche l'arcinoto assunto fondamentale che ti diceva: questa cosa che senti (quella pesantezza così concreta e palpabile, così come ogni altra sensazione del genere, spiacevole o piacevole che sia) arriva da fuori, appartiene all'altro, non a me (S1), è l'altro che la "emana" e ce la sta trasmettendo, non è farina del mio sacco, non sono io a crearla e proiettarla. E qui mi fermo.

    Ma la mia domanda a entrambe, Isabelle e Daniela (e a chiunque altro volesse aggiungersi), a questo punto è: come teniamo insieme tutto questo? C'è modo di trovare un significato comune nelle vostre due diverse visioni della vita, magari uno nuovo che riesca nell'impresa di mantenerle entrambe? Ovviamente sto parlando di un insight, non di un astratto compromesso!

    Edited by Massimo G. Pittella - 18/5/2015, 02:17
     
    Top
    .
  6. DanielaB
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Se ripercorro quel momento, fra un'auto e un motorino per un attimo ho provato un senso di distacco da ciò che mi stava circondando, di solito mi succede quando sono in macchina e ascolto musica e mi perdo fra le note e quello che succede fuori quasi smette di riguardarmi. Forse è partita questa sensazione per prima e poi la frase di Isabelle... ed è interessante che lei pensando alla mia frase avesse provato un senso di pesantezza, quasi che in tempi diversi ci fossimo accoccolate sulla stessa lunghezza d'onda...
     
    Top
    .
  7. Massimo G. Pittella
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (DanielaB @ 19/5/2015, 18:58) 
    ... quasi che in tempi diversi ci fossimo accoccolate sulla stessa lunghezza d'onda...

    Uhm, occhio a non scivolare nella mistica o, peggio, nella fantasia mistica di S1.
     
    Top
    .
  8. StefanoP73
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (Massimo G. Pittella @ 16/5/2015, 14:53) 
    C'è modo di trovare un significato comune nelle vostre due diverse visioni della vita, magari uno nuovo che riesca nell'impresa di mantenerle entrambe? Ovviamente sto parlando di un insight, non di un astratto compromesso!

    La ricerca di un modo nuovo di tenere insieme realtà diverse, forse contrastanti, apparentemente opposte; la scoperta inattesa e creativa di un cuoco che coglie il sorprendente gusto nuovo, nato dall'abbinamento di due sapori mai usati insieme. L'accostamento di due colori primari, il rosso ed il verde, entrambi pieni di orgoglio per essere, appunto, primari e fondamentali, entrambi apparentemente opposti e destinati a un distruttivo conflitto, invece inaspettatamente crea, crea un nuovo colore, nel quale le componenti fondamentali rimangono sempre presenti. Osservare, prego, il giallo con una lente d'ingrandimento sullo schermo del pc o sul televisore.
    Il desiderio di un nuovo gusto, la volontà di un nuovo colore. Ma soprattutto il desiderio di un gusto buono, di un colore bello.
     
    Top
    .
  9. bcancel
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Salve, accolgo molto volentieri l'invito di Massimo Pittella a partecipare a questo forum, anche perché, vivendo a Roma, non posso facilmente frequentare le vostre riunioni. Sarebbe bello se qualcuno organizzasse questi incontri anche a Roma.
    Non sapevo nulla di Bohm e delle sue idee prima di incontrare Massimo. Quello che ho scoperto sul pensiero Bohmiano non mi ha sorpreso perché perfettamente in linea con quanto ho appreso in anni di ricerche psicologiche soprattutto da Luigi Anepeta (vedi il suo articolo dal titolo "Sullo statuto mistificato della coscienza" in <link omesso>) e da Daniel Goleman (vedi il suo saggio "Menzogna, autoinganno, illusione", titolo originale "Vital Lies, Simple Truths: The Psychology of Self-Deception"). Inoltre, anche io ho molto riflettuto alla ricerca di un modo di dialogare più produttivo, inventando "Il gioco delle domande" (<link omesso>) che vi propongo di provare in una delle vostre prossime riunioni.
    Per finire, invito tutti a fare la vostra autointervista in intervista.link <link omesso> . La mia è in <link omesso> (io sono "newman"). Potrebbe essere un modo per conoscerci in modo non superficiale. Quel sito l'ho creato io.
    Un saluto a tutti e un invito a contattarmi anche direttamente per qualunque domanda, commento o proposta di collaborazione.
    Bruno Cancellieri
    PS: sono stato costretto a rimuovere alcuni link che questo forum non ha accettato. Chi fosse interessato ad averli mi può contattare all'indirizzo [email protected]
     
    Top
    .
8 replies since 10/5/2015, 21:55   173 views
  Share  
.